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Snals - Segreteria Provinciale Milano

SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI SCUOLA

“A 60 anni sono una maestra stanca, cinica e nervosa”

“Sono un’insegnante di scuola dell’infanzia statale di 60 anni. Ho di recente partecipato a un suo convegno sulle malattie professionali degli insegnanti. Era da tempo che la nostra categoria attendeva un’attenzione particolare alla propria condizione lavorativa: in particolare le insegnanti della scuola dell’infanzia che, troppo spesso, sono considerate “né carne né pesce”, relegate a un ruolo a metà tra docenti ed educatori.

I riflettori sembrano essere puntati sulle maestre solo quando alcuni fatti di cronaca raccontano di maltrattamenti subiti da “inermi, poveri, piccoli bimbi ad opera di malvagie/i insegnanti d’asilo che, improvvisamente, dopo anni di onorato e qualificato servizio socio/educativo, impazziscono e delinquono ai danni delle famiglie di minori che fiduciosamente hanno affidato loro i figli”.

E qui entrano in gioco i mass-media che, in modo alquanto superficiale e retorico, descrivono con dovizia di particolari le presunte angherie cui i bambini sono costretti ad affrontare.

Personalmente mi sono decisa a rivolgermi a lei perché in questo periodo della mia vita, e soprattutto in quella lavorativa sono esausta, sono professionalmente insoddisfatta, demotivata, riconoscendomi ultimamente cinica e troppo nervosa.

Le famiglie poi sono cambiate, e secondo il mio modesto parere “in peggio”. I genitori delegano il loro ruolo educativo alla scuola, salvo poi non fidarsi di chi vi opera, cercando di imporre la loro volontà in ogni ambito.

I bambini, in generale, sono meno sereni e nelle classi aumentano in modo esponenziale i casi di alunni caratterialmente “difficili”. Il clima è sempre più teso. In questi ultimi anni le mie patologie sono aumentate (facilità a contrarre infezioni, debolezza, cefalee, aumento della pressione arteriosa, gastrite, persino nevralgia del trigemino e fibromialgia).

Inizialmente pensavo a questi disturbi come ad eventi del tutto avulsi dalla mia professione poi, gradualmente, ho capito che avevano il mio lavoro come unica radice. A peggiorare le cose è intervenuto il trasferimento che avevo richiesto. L’ambientamento è stato difficile e addirittura ostile l’atteggiamento delle nuove colleghe.

Ho provato a parlare delle mie difficoltà alla mia coordinatrice e al mio medico di base. Come ho detto allo psicopedagogista, non vorrei trovarmi protagonista di qualche increscioso fatto di cronaca. Vorrei fare qualcosa che possa migliorare il mio modo di lavorare, il mio atteggiamento, considerato che la pensione è ancora piuttosto lontana.”

da OrizzonteScuola 4 Dic 2019