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Docenti di religione: precari a vita

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La Corte di Cassazione continua a condannare il ministero dell’Istruzione per la reiterazione dei contratti a tempo determinato dei docenti di religione. E il motivo è sempre lo stesso: assumere e licenziare gli insegnanti per un periodo superiore alle tre annualità, indicate dall’Unione europea come limite massimo prima della stabilizzazione automatica, è una decisione che va sanzionata. E a pagare è lo Stato: per giudici “ermellini” i docenti eterni precari vanno risarciti, anche con decine di migliaia di euro a testa.

Il caso dei docenti di religione cattolica è emblematico, perché è una delle professionalità più penalizzate dalla mancanza di concorsi e dell’estrema lentezza con cui vengono immessi in ruolo. Quest’anno potrebbe essere l’anno buono per lo svolgimento di un concorso riservato, così come indicato anche dal decreto Milleproroghe, ma la “promessa” della politica è ormai disattesa da anni. Anche nel 2023 il copione è stato questo. Poi, c’è sempre la quota del 30 per cento di posti in organico che, a seguito di un accordo con la Cei, deve continuare ad essere assegnato a personale precario.

Nel frattempo, ci sono tanti insegnanti di religione precari che vanno in pensione da supplenti, senza avere mai avuto la possibilità di sottoscrivere il famigerato contratto a tempo “indeterminato”.

Alcuni di loro hanno deciso di rompere gli indugi e andare in tribunale.

Mercoledì 22 marzo la Corte ha rigettato il ricorso dell’avvocatura di Stato, rigettando “il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Ancona del luglio 2018 e contro un’altra della Corte d’Appello di Catanzaro del marzo 2019, che avevano dato ragione agli insegnanti di Religione cattolica”.