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Giorno del Ricordo

10 Febbraio, giorno del ricordo, affinché sia sempre viva “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale italiano”.

Il 10 febbraio si celebra il Giorno del Ricordo per mantenere viva la memoria sulla tragedia vissuta dagli italiani vittime delle foibe e sull’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

La giornata istituzionale è stata istituita con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, ed è stata scelta la data del 10 febbraio perché il 10 febbraio 1947 venne firmato il Trattato di Pace a Parigi, con il quale si assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia.

Il maresciallo Tito, capo della Iugoslavia, ritenne di “ripulire” questi territori dagli italiani, una vera e propria pulizia etnica: bambini, donne, uomini torturati, ammazzati e poi gettati nelle foibe. Finirono nelle foibe fra i 4.000 e i 5.000 mila italiani. Molti altri morirono nei campi di concentramento sloveni e croati. In totale circa 80 mila persone persero la vita.

Nel 1945 finirono nelle foibe i carabinieri, i poliziotti e i finanzieri, i militari fascisti della RSI e i collaborazionisti che non erano riusciti a scappare. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, schierati poi sugli argini delle foibe. Si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze disumane.

In molti riuscirono a fuggire: un esodo di massa che coinvolse tra le 250mila e 350mila persone tra il 1945 e il 1956. Erano italiani che abbandonavano la loro terra, che lasciavano i loro averi con i loro ricordi, con i loro dolori, con i loro fantasmi per cercare rifugio in Italia, in America, in Australia e così ricominciare a vivere e dimenticare gli orrori vissuti.

Hanno lasciato tutto, armadi, letti, sedie, fotografie e giocattoli, conservati nel Magazzino 18, al Porto Vecchio di Trieste, il silenzioso custode della memoria di un popolo lacerato. Vi sono le testimonianze di coloro che furono costretti a lasciare le loro case per incamminarsi verso l’ignoto, verso l’incertezza del domani, ma con la speranza nel cuore di un futuro migliore.

Erano ritenuti fascisti, ma erano solo e nient’altro che italiani.

Chi non può e non vuole ricordare il passato è condannato a ripeterlo. (George Santayana)