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Snals - Segreteria Provinciale Milano

SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI SCUOLA

Non si può programmare l’attività scolastica di giorno in giorno, lasciando nell’incertezza continua studenti, insegnanti, presidi. E non si può neppure baloccarsi a trovare soluzioni di fatto improponibili, macchinose e che richiedono un dispendio di tempo organizzativo che sarebbe meglio investire nell’organizzare una didattica adeguata alla situazione. Ad esempio, come continuano a ripetere i presidi, i doppi turni sono impossibili, o molto difficili da realizzare con il numero degli insegnanti attuali, perché questi ruotano su più classi (e in alcuni casi su più scuole).

Lo stesso vale, peraltro, anche per la scuola secondaria di primo grado. Anche lo sfalsamento degli orari di entrata e uscita è impraticabile, non solo per la distribuzione degli insegnanti, ma perché gli orari sono già molto lunghi e ritardando l’orario di entrata e uscita si renderebbe difficile agli studenti trovare un ritmo tra il riposo e lo studio.

Per non parlare del fatto che le scuole non sono attrezzate per il servizio mensa. A fronte del perdurare della pandemia, meglio adottare una modalità di didattica mista in modo stabile, senza cambiarla (o annunciarne il cambiamento) ogni quindici giorni. Se la situazione dei trasporti, del monitoraggio con i tamponi, della capacità di contact tracing non consente più del 50% in presenza, strappiamoci le vesti per l’incapacità di chi doveva provvedere per tempo e per le resistenze dei sindacati (le cui, legittime, preoccupazioni non sembrano tuttavia più fondate di quelle di chi lavora in sanità, o in fabbrica o in un supermercato). Ma poi che ci si organizzi attorno a quella percentuale almeno per il prossimo mese o anche due, modificandola se solo quando la situazione epidemiologica sarà sensibilmente migliore, in modo da dare stabilità al sistema, evitando annunci e promesse che poi non vengono puntualmente mantenute. E ci si impegni, fornendo tutto il sostegno possibile agli insegnanti e agli studenti, perché la didattica a distanza non sia la semplice trasposizione via video di quella frontale in presenza. Perché il ritmo in presenza/a distanza diventi anche occasione di modalità di insegnamento e apprendimento differenti, anche più coinvolgenti l’iniziativa degli studenti. Il che non significa caricarli di compiti in modo inverosimile, come in molti casi è successo sia questa estate sia durante le vacanze di Natale, quasi che dovessero compensare da autodidatti ciò che non avevano ricevuto dalla scuola.

Un modo molto efficace di scoraggiare ulteriormente chi già è in difficoltà. Significa esplorare le potenzialità del digitale, come risorsa di contenuti (si trovano splendide lezioni su pressoché tutto, fatte in modo estremamente affascinante), ma anche come modalità che può essere utilizzata dagli studenti stessi per restituire ciò che hanno appreso e per costruire percorsi di apprendimento. Significa anche guardarsi attorno nella propria comunità, per trovare sia chi può accompagnare gli studenti (e i docenti) che hanno maggiore difficoltà, sia luoghi e persone che possono offrire esperienze educative complementari: attori che spieghino Shakespeare o Ariosto, direttori di Musei che conducano attraverso le epoche o stili pittorici o le civiltà. Prendiamo atto che anche quest’anno scolastico non potrà svolgersi in modo “normale” evitando di ripetere gli errori dello scorso anno e del primo trimestre di questo. Non basta ripetere il mantra della scuola come priorità e neppure del ritorno in presenza senza se e senza ma. Purtroppo non siamo stati capaci né di essere coerenti con il primo né di costruire le condizioni del secondo. Meglio ragionare su come mettere l’investimento nella scuola come una delle priorità del piano per il Next Generation Eu e, per l’anno in corso, costruire le condizioni stabili per una didattica integrata efficace, innovativa e praticabile. Magari anche riflettendo se non sia opportuno, e forse più efficace, dopo aver vaccinato gli operatori sanitari e delle Rsa, non sia opportuno passare agli studenti (dai 16 anni in su) e agli insegnanti.

da La Stampa – Chiara Saraceno – 4 gennaio 2021