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Snals - Segreteria Provinciale Milano

SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI SCUOLA

Il vero diritto allo studio da difendere: tornare in classe con tutti i mezzi

Nelle classi il contagio è zero, il problema sta negli spostamenti. E nei trasporti. Ma il governo ha scelto la via più facile: chiudere

Scuola aperta, scuola chiusa. Superiori no, primo ciclo sì. Al 50%, al 70%, al 100%. Sono numeri e percentuali, ma come è noto non è stato difficile chiudere le scuole. Non si sono viste associazioni di categoria, sindacati a manifestare per l’apertura. Non moti di piazza, black bloc o organizzazioni dell’estrema destra battersi perché i cancelli siano tenuti aperti. Qui non si perdono fatturati. Solo qualche sparuto studente, imitando Greta, si è piazzato davanti ai cancelli per protestare. 

Come è noto a scuola c’è un basso rischio di contagio e nessuno ha dimostrato che la frequenza scolastica abbia fatto impennare gli indici.  Qualche giorno fa, nei talk-show alla moda è rimbalzato sui monitor un grafico che mostrava come l’aumento vertiginoso della seconda ondata sia cominciato a inizio ottobre, a 15 giorni dall’apertura dei cancelli. Alla Spezia però, provincia che ha iniziato a settembre già in Dad, per i festeggiamenti compiuti a fine agosto dai tifosi locali per la promozione in serie A dei loro beniamini, il livello di contagiosità, già alto, si è adeguato in poche settimane alla media nazionale. 

Non erano dunque da mettere alla berlina le scuole, ma per il governo è stata la strada più facile. Eppure quanti si sono stracciati le vesti, dichiarando che mai e poi mai gli istituti sarebbero stati chiusi! In primis il premier Conte seguito in trincea dalla ministra Azzolina e da alcuni esperti del Comitato tecnico-scientifico. Tutti contrari alla chiusura dunque, ma a inizio novembre alle superiori tutti a casa.  Sarebbe stato meglio il silenzio, per non essere additati come menagrami. Nessuno ha difeso il diritto a studiare, come in Germania, Francia e altri paesi europei. Dai 14 a 19 anni, tutti a studiare davanti a un computer senza alcuna differenza tra zone rosse, arancioni, gialle.     

Eppure chi usa il buon senso, non chi esalta come un balzo in avanti del progresso il cosiddetto smart working (chissà poi perché bisogna sempre usare l’inglese), non si fa ammaliare da giovani che in linde camerette o soggiorni ben curati lavorano da città del meridione in collegamento con aziende ubicate a Berlino, Londra o Milano. Bisogna invece puntare l’attenzione sui volti sempre più smarriti dei nostri quindicenni, che una mattinata dopo l’altra sono diventati dei coatti del telefonino o del computer, prigionieri delle loro case. Volti sempre più smunti, costretti a seguire lezioni dei loro docenti, che man mano che vanno avanti, sentono la lontananza siderale dai loro ragazzi. Parole, parole… recita la canzone, ma è bene sapere che ascoltare le lezioni per mesi con un auricolare è una condizione pesantissima, soprattutto per gli adolescenti. La scuola non è come stare in una redazione di un giornale, o in un ufficio al ventesimo piano di un palazzo di una banca. La scuola è relazione, è vita, è gioventù e la digitalizzazione la uccide.

Non c’è solo perdita di contenuti culturali, ai nostri ragazzi si ritira l’umano, come una maglia di lana infeltrita. E poi a rimetterci sono sempre i più deboli. Per coloro che, meno motivati, si sono sempre trascinati in classe controvoglia e hanno seguito le lezioni a stento, è una Caporetto. Hanno perso contatto quasi subito. Si trincerano dietro le videocamere chiuse e annaspano cercando di arrivare a fine mattina. Per loro è concreta la  massima evangelica “a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Per questi ragazzi il gap culturale e motivazionale sta aumentando e l’abbandono scolastico è dietro l’angolo. Sono uno, due, tre per classe, forse più. Per queste decine di migliaia di giovani sembra non esserci posto nella scuola digitale, che in molti esaltano come il modello del futuro.

L’ultima trovata in attesa della ripartenza il prossimo 7 gennaio riguarda i taxi. Per diversificare il trasporto locale, secondo TgCom24 per potenziare il trasporto pubblico, nel rispetto delle norme anti-Covid, Regioni e Comuni possono stipulare convenzioni con aziende private di bus, titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente. Lo prevede un emendamento al dl Ristori presentato dal centrodestra e approvato in commissione al Senato. Le risorse mirano a fornire “servizi aggiuntivi di trasporto pubblico destinato anche agli studenti”. Ma ce li vedete gli studenti andare a scuola in taxi? Una proposta che tra l’altro non tiene conto del fatto che i taxi percorrono collegamenti prevalentemente urbani, mentre l’affollamento sui mezzi avviene sulle metro, sugli autobus e sui treni extraurbani, sia nelle piccole che nelle grandi città. Ora in materia di trasporti, visto che le superiori torneranno a scuola al 75%, per rimediare agli errori degli ultimi mesi, è la volta dei prefetti. Là dove il ministro dei Trasporti De Micheli ha fallito, continuando a ripetere che la capienza all’80% non aveva nessuna controindicazione, là dove i governatori e i sindaci non hanno centrato l’obiettivo, riusciranno a superare l’impasse i rappresentanti del governo nelle province? È un auspicio e una forte necessità per tutti i giovani di questa bella e malandata nazione. 

Il Sussidiario –  Pierluigi Castagneto – 19 dicembre 2020